Intervista Debora Cappa

Benvenuta Debora Cappa ….

1. Com’è nata la sua voglia di scrivere ?
Scrivere per me è sempre stato un bisogno ancestrale, che mi ha condotta ad esplorare le potenzialità racchiuse nell’ uso della parola poetica. Esso si è manifestato fin dalla più tenera età come incanto per racconti sia reali sia fantastici.Tale naturale propensione è stata successivamente rafforzata dagli studi classici, che hanno incentivato la mia passione per la letteratura greca e latina, italiana e straniera nonché per il gusto del “bello” e dell’arte in genere. Alla poesia mi sono dedicata poi, in seguito al bisogno di esternare sensazioni e riflessioni, sentimenti e considerazioni, collocandoli dapprima in un percorso introspettivo, che ho voluto custodire gelosamente, senza condividerlo con nessuno. Solo in una seconda fase, dopo alcuni anni, mi sono lasciata convincere, aprendo così uno spiraglio sul mio mondo interiore, a far conoscere pensieri in versi su esperienze vissute in modo diretto ed indiretto.
Scrivere versi, a mio avviso, è come tentare di fermare in quell’attimo l’indefinito che fa brillare d’eterno il finito e lambire così il ponte dell’ irraggiungibile.

2. E come mai le poesie e non un romanzo ?
Per ora preferisco continuare a cimentarmi con il mio genere preferito, anche se mi propongo di scrivere un romanzo in futuro. La poesia per me è dotata di una particolare immediatezza, perché in pochi versi può racchiudere significati profondi e variegati. Ritengo inoltre che, in un mondo così globalizzato e stereotipato, in cui l’interiorità è quasi una zavorra, possa svolgere una funzione etica, restituendo la giusta dignità alle nostre esistenze. La società odierna infatti superficiale, frivola, distratta da mille fatui interessi, ci ha fatto assuefare al culto dell’apparenza, all’ostentazione dell’esteriorità, alla ricerca della fama immediata, alla mortificazione dell’essenza in nome di una mercificazione totalizzante, una sorta di consumismo, che investe perfino i sentimenti e sembra favorire un livellamento culturale, un’ atrofia del pensiero. Scrivere liriche per di più è talvolta pura evasione, rifugio all’ incomunicabilità, che attanaglia le nostre esistenze, visto che la solitudine, a mio avviso, è il male del secolo; è strumento efficace per intraprendere la conoscenza di se stessi, quindi degli altri e di ciò che ci circonda, attraverso la conoscenza acquisita del vivere.

3. Da cosa prende ispirazione per le sue poesie ?
Prendo ispirazione da tutto ciò che colpisce la mia sfera emotiva, ancor più se induce all’ introspezione e diventa potenziale spunto per le mie composizioni poetiche. Non posso tuttavia negare ci sia qualcosa di autobiografico, dal momento che considero la scrittura un potente mezzo analitico per conoscere gli angoli più reconditi di se stessi.
La mia connaturata propensione per l’arte inoltre mi porta da sempre ad estendere preferenze e curiosità anche ad altri campi, quali quello della musica, della pittura,
del teatro, del cinema, della danza e della fotografia.
Ho sempre cercato di non ispirarmi a nessuno, considerando inarrivabili sotto vari aspetti gli autori che ammiro. La critica tuttavia, con mio grande orgoglio, ha rilevato nella mia poetica paralleli con Pindaro, Saba, Ungaretti, Montale, Calvino. Mi ha definita quasi una pittrice impressionista non solo per le descrizioni paesaggistiche multiformi e variegate, ma soprattutto per gli imperscrutabili e mutevoli moti interiori dell’animo umano minuziosamente descritti.

4. Com’è nata la sua prima opera “Il carnevale della vita” ?
La mia opera prima “Il Carnevale della Vita” è nata, al pari delle successive, edite ed ancora inedite, dalla voglia di comunicare, di interagire, dal bisogno di esprimere liberamente la propria essenza.
Ritengo infatti che approfondire spirituali complessità, evitando di cadere in facili sentimentalismi, possa coadiuvare nel superare le fragilità dell’anima e nel rafforzare la solidità fisica dell’umanità personale a livello globale.
E’ l’opera a cui mi sento più legata, sia perché è la prima sia perché in essa tratto alcune delle tematiche a me care, come il vago presagire dell’irrefrenabilità del tempo, la strenua difesa della libertà personale e di pensiero, questioni di solidarietà sociale.
E’ basata sulla ricerca del senso dell’esistenza, oltre l’illusione della conoscenza ordinaria del vivere quotidiano.Il mio intento è quindi quello di esortare ad andare al di là delle apparenze di una realtà spesso fittizia, in cui le persone sono quasi attori, che indossano maschere per celare sia i buoni sia i cattivi sentimenti, molto spesso temendo di non essere accettate così come sono veramente.
Per la copertina poi ho optato per una scelta volutamente non didascalica rispetto al titolo. Il dipinto, realizzato con colori acrilici da mia sorella Sara, mira appunto a mettere in risalto l’insito collegamento tra la prima sezione e la seconda “A briglia sciolta”, in quanto evidenzia l’intervento dell’uomo sulla natura. Ne sono particolarmente orgogliosa anche perché questa nutrita antologia poetica, di cui critici e lettori disquisiscono piacevolmente tuttora, è stata premiata con un secondo posto assoluto in un concorso nazionale per libri editi e con alcune menzioni d’onore, pur essendo il mio primo tentativo di scrittura.

Pubblicato da Carmen Campanile Autrice

Autrice del romanzo VOCI : Segreti e misteri

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